mercoledì 27 febbraio 2019
CAMPANIA NEWS «Aiutatemi, mi hanno occupato la casa», ed è la terza volta in una settimana
INSERITO DA ANGELINA CECERE Aiutatemi, mi hanno occupato la casa»: la richiesta di aiuto rivolta da B. M. ai vigili urbani, alla polizia e ai carabinieri, non avrebbe nulla di eccezionale a Pianura, un quartiere dove l’Immobiliare Camorra distribuisce gli alloggi, se l’abitazione in questione fosse stata assaltata non una, ma tre volte nel giro di una settimana: l’’uscio di via Torricelli dove la malcapitata abitava fino al 4 febbraio è stato sfondato il 4, il 7 e il 9 febbraio. Poi la settimana scorsa gli abusivi le hanno anche sfasciato i mobili. Inutili le ripetute chiamate al 112 e al 113, senza esito,almeno per ora, la denuncia presentata ai vigili urbani del quartiere, B.M. , disperata, si è rivolta a un legale, Alessandro Motta. «Abito a Pianura dal 1986 quando mia madre ottenne una casa dal Comune di Napoli. – spiega la donna – Poi lei è morta e io, i miei figli, S. e F. e una delle mie sorelle, C., abbiamo continuato a vivere sotto lo stesso tetto fino a quando la mia primogenita si è sposata e mia sorella si è trasferita in Sicilia per curarsi dalla grave malattia che la ha colpita. Il 1 febbraio sono andata per qualche giorno da mia figlia in modo da poter badare a mia nipote e S. si è allontanato per motivi di lavoro. Il 4 febbraio delle vicine mi hanno avvertito che qualcuno si era arrampicato sul balcone e stava tentando di entrare in casa io ho chiamato i numeri di emergenza delle forze dell’ordinew, ma non è arrivato nessuno. Allora mi sono precipitata in via Torricelli e ho fermato due pattuglie di passaggio. Ero così agitata che non mi ricordo nemmeno se fossero poliziotti o carabinieri, in ogni caso gli uomini in divisa hanno bussato a quella che fino a pochi giorni prima era la mia porta, ma gli occupanti si sono rifiutati di aprire, limitandosi a passare un documento attraverso l’uscio. A quel punto mi è stato comunicato che il mio appartamento era stato occupato. Come se non lo avessi già capito…». Ma la serata, per B. M., era appena cominciata. «Dopo mezzanotte sono arrivati i vigili urbani che sono riusciti a entrare in casa: ne sono usciti poco dopo contestandomi una morosità. È vero: ho degli affitti arretrati, ma tra gli affittuari degli enti pubblici non sono certo la sola, tanto che sono stati previsti dei piani di rientro. E io sono pronta a pagare…». Rassegnata a quel punto la donna è tornata dalla figlia, ma due giorni dopo è stata nuovamente raggiunta al telefono da una vicina: gli abusivi si stavano liberando dei suoi mobili buttandoli in mezzo alla strada dove aspettava un camioncino. Nuova corsa in via Torricelli, nuove telefonate alle forze dell’ordine che questa volta bloccano le operazioni, mentre nel palazzo arriva una decina di persone pronte a difendere la ladra del tetto. Urla, disperazione, spinte. Ancora una volta .B. M. torna dalla figlia sconfitta. Ma dopo qualche ora telefona l’occupante che le propone di ridarle la casa in cambio dei trecento euro spesi per la serratura e di altri tremila già offerti da un altro aspirante abusivo: forse a convincerla a lasciare il campo è l’immediata vicinanza con una piazza di spaccio, forse qualcuno le ha spiegato che è meglio lasciar perdere, in quella zona le case le assegnano i clan. Ma gli affari sono affari e l’abusiva spera comunque di ricavare un po’ di soldi dal reato. Già, perché buttare giù una porta, anche se a molti non sembra, è comunque un reato. Questa volta, però l’accordo non si chiude. «Ho rifiutato di pagare – racconta la donna. – e di notte mi ha chiamato un uomo che si è qualificato come marito dell’abusiva, per comunicarmi che l’appartamento non era più disponibile perché occupato da un nuovo nucleo familiare». A questo punto B.M. verbalizza una denuncia presso il comando dei vigili urbani. Ma non è finita. Due giorni la vicina le telefona ancora per comunicarle che la casa, con tutti i mobili e gli averi della famiglia, è ancora passata di mano. La settimana dopo nuova chiamata: questa volta per annunciarle che i mobili sono finiti nella spazzatura «Sono scoppiata in lacrime, ormai non so nemmeno chi devo denunciare», conclude amara la donna. La sua disperazione è la stessa dei tanti che a Pianura, ma anche in altre zone della città, si sono visti sottrarre la casa senza che nessuno intervenisse a difenderli. «Solo in quel quartiere - spiega l’avvocato Motta – io ho seguito altri tre casi, e in uno di questi era coinvolto anche il clan Pesce, che domina l’area. Ci sono stati dei processi, e gli sfrattati hanno riavuto la casa dopo circa un anno. Ma l’assegnatario che ha avuto il coraggio di denunciare la sorella del boss subito dopo per paura si è trasferito al Nord. Al Rione Traiano, invece, si occupano gli scantinati che diventano luoghi di spaccio e le società erogatrici di servizi stilano subito i contratti». Mediamente la “vendita” di un immobile di un ente pubblico frutta 25 mila euro, un bel business sul quale da tempo indaga la magistratura. «I rioni popolari sono spesi basi logistiche della criminalità organizzata che caccia la gente perbene per insediare i propri presidi – spiega Luigi Cuomo di Sos Impresa – In queste case degli enti pubblici i clan alloggiano i sodali dei clan, nascondono le armi, organizzano dei veri e propri bunker: sono loro i veri padroni del territorio. E tutto questo avviene nell’indifferenza dello Stato che non intervie ne adeguatamente».
IL MATTINO
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