venerdì 11 gennaio 2019

SEZ. DISABILITA NEWS “A passo di gambero”, verso l’istituzionalizzazione



INSERITO DA ANGELINA CECERE Lo scorso anno, di fronte ad alcune proposte della Regione Marche, il Gruppo Solidarietà aveva promosso un documento/appello, in cui si chiedeva la salvaguardia, il sostegno e il potenziamento dei servizi di piccole dimensioni inseriti nei normali contesti abitativi, servizi centrati sulle persone e sulle loro esigenze, che promuovessero inclusione e quindi deistituzionalizzazione. Nelle scorse settimane, però, la Giunta Regionale delle Marche ha presentato una nuova proposta, ritenuta dal Gruppo Solidarietà «quanto di più lontano possibile dai contenuti di quel documento-appello» Persona in carrozzina fotografata di spalle davanti a una vetratanNella primavera dello scorso anno, di fronte ad alcuni provvedimenti proposti dalla Giunta Regionale delle Marche, il Gruppo Solidarietà aveva promosso un documento/appello, ripreso anche dal nostro giornale, cui avevano successivamente aderito numerose organizzazioni del Terzo Settore e oltre 380 persone, tra le quali numerosi operatori, familiari e volontari. Vi si chiedeva sostanzialmente che venissero salvaguardati, sostenuti e potenziati i servizi di piccole dimensioni inseriti nei normali contesti abitativi. Servizi centrati sulle persone e sulle loro esigenze, luoghi di vita, condizione fondamentale per essere anche luoghi “di cura”. Servizi che promuovessero inclusione e quindi deistituzionalizzazione. Che cosa è successo da allora? È successo sostanzialmente che nelle scorse settimane la stessa Giunta Regionale delle Marche ha presentato un’ulteriore proposta, ritenuta dal Gruppo Solidarietà «quanto di più lontano possibile dai contenuti di quel documento-appello». Si parla della Deliberazione di Giunta Regionale n. 1718 del 17 dicembre, inviata per un parere alla Commissione Consiliare competente, sempre in relazione al tema della definizione dei requisiti di funzionamento delle strutture diurne e residenziali sanitarie e sociosanitarie riguardanti le aree della disabilità, della salute mentale, delle dipendenze e dei minori (è stata infatti stralciata, rispetto alla proposta precedente, la parte riguardante gli anziani non autosufficienti, le persone con demenze e tutti i servizi di esclusiva competenza comunale). «L’aspetto più grave e preoccupante – come si legge in una nota diffusa dal Gruppo Solidarietà – riguarda la disposizione che tutte le strutture attive o in via di realizzazione, ovvero il totale dell’offerta, potranno mantenere fondamentali requisiti strutturali secondo le disposizioni della precedente normativa. Il punto, però, è che alcuni di quegli aspetti non erano normati precedentemente. E dunque, di fatto, non si dovrà rispettare alcun requisito. Ad esempio, si permette il mantenimento di camere a quattro letti per oltre il 65% dell’offerta residenziale rivolta alle persone con disabilità (circa 600 persone), per la totalità dell’offerta nell’area della salute mentale (circa 650 posti) e per il 50% dei posti di residenza sanitaria assistenziale per anziani. Inoltre, sul tema del numero di utenti per struttura, l’offerta già attiva non avrà limiti alla possibilità che all’interno dello stesso edificio possano essere ospitate centinaia di persone». Secondo l’organizzazione marchigiana, dunque, «la scelta regionale è quella di promuovere e sviluppare strutture di grandi dimensioni, anziché incoraggiare la creazione di piccole comunità inserite nei normali contesti di vita delle persone. Una scelta che privilegia grandi contenitori per grandi gestori, con imponenti capacità economiche, a danno di piccole esperienze sviluppate nei territori. Se quindi la Delibera verrà approvata senza modifiche, essa segnerà la fine delle esperienze delle piccole comunità nell’area della disabilità e della salute mentale. Un vero e proprio ritorno al passato». «Ma quella proposta – viene ancora annotato dal Gruppo Solidarietà – si caratterizza anche per altri aspetti negativi, a partire dalle modalità di valutazione e accesso ai servizi, rimandando ancora una volta – per la definizione dell’appropriatezza degli interventi – l’adozione di idonei strumenti di valutazione, così come ci si dimentica di inserire aspetti essenziali nel funzionamento dei servizi, quali ad esempio i tempi di apertura annua di alcuni servizi diurni». (S.B.)

SUPERANDO

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